Racconto di una scappata in Mosella

Piesport

Sta quasi per terminare un’altra settimana di lavoro ad Amsterdam.

Subito dopo il rituale briefing d’inizio giornata il maître D’ Francesco mi comunica che martedì sarò libero, ciò significa che davanti a me ho tre giorni in cui poter girovagare.

Se il primo pensiero va a tornare a casa in Toscana (opzione rilevatasi infattibile pochi attimi dopo), il secondo è quello di noleggiare una macchina e tornare a calpestare vigneti e fare due chiacchere con i vignaioli.

E’ cosi che in un’istante arriva l’illuminazione, Gioele va in Mosella a vedere se queste vigne sono cosi ripide come dicono.

Comincia un susseguirsi di mail e messaggi ai supplier, il tempo stringe, la partenza si fa imminente.

Arriva la domenica che porta con sé tutto il suo carico di stanchezza, le certezze si fanno sempre più lontane, ancora neanche una risposta, solo piani e sogni immaginari nella mente.

Poi all’improvviso nel bel mezzo del pomeriggio arriva la prima buona notizia, Nik Weiss dice che mi aspetta martedì per le 13,30, è il segno che il vento comincia a soffiare a favore.

In pochi attimi prenoto la macchina e scovo un hotel, nella testa tutto comincia a prendere forma, sono felice come un bambino che il giorno dopo deve partire per Disneyland.

La sveglia del lunedì mattina suona presto, classica pedalata in bicicletta per raggiungere la stazione dei treni direzione Schipol, da lì inizierà l’avventura.

Mi aspetta una golf ibrida per affrontare la traversata, cosi moderna da farmi sentire subito vecchio e non al passo con i tempi, tanto da dover chiedere aiuto per capire come metterla in moto (immaginate la faccia dell’addetta di europcar!).

Torniamo a noi, la prima tappa da impostare su google maps dice che ci vorranno più di 4 ore e mezzo, per arrivare da Clemens Busch.

I loro riesling scoperti durante una cena sul lungomare di Marina di Pisa al ristorante Teste & Lische e che ora a distanza di anni incrociano nuovamente il mio cammino portandomi a Pünderich.

La strada scorre veloce, la colonna sonora alternata da Florence and the machine e monologhi di Crepet mi tiene sveglio quanto basta, m’immergo tra confini di Olanda e Belgio, fino ad arrivare in Germania.

I Km si assottigliano, intorno a mezzogiorno arrivo ad Erden, un urlo di gioia segna il vero inizio di giornata con occhi che si perdono ovunque e il rischio d’incidenti multipli.

Costeggio il fiume, solo il cornetto e il caffè delle 7 di mattina mi reggono in piedi, l’eccitazione è talmente alta che la fame e tutto il resto vanno in secondo piano.

Un piccolo paesino mi accoglie, m’incastro tra i vicoli, parcheggio e mi dirigo verso la prima cantina.

La quiete del lunedì mattina scandisce il ritmo della visita, la luce filtra tenue dalle finestre, nei calici si susseguono a confronto espressioni di suolo.

Di fronte a noi, il vigneto Marienburg regna sovrano e protegge tutti gli assetati.

Grey slate colui che dona la tipica eleganza e naso al riesling di Mosella, 

Red slate, colui che sa donare le note più aromatiche.

Blue slate, il più raro, colui che dona la capacità ai vini di evolvere nel tempo e crea un connubio che solo il calice può descrivere al meglio.

Lo stomaco brontola, obbligatorio fermarsi per un panino al volo, colgo l’occasione per rispolverare i miei studi di tedesco ai tempi delle superiori, riuscendo contro i pronostici a fami capire!

La seconda tappa è imminente, giusto il tempo di dare due morsi, far cadere briciole ovunque e arrivo da Dr. Hermann, siamo di nuovo ad Erden.

Di fronte alla cantina si stagliano imperiosi da ovest ad est: Ürziger Würzgarten, Erdener Prälat, Erdener Herzlei, Erdener Treppchen.


Nel calice la bellezza di degustare i singoli vigneti, confrontare le annate di un vitigno che sa esprimere ogni minimo cambiamento di suolo ed esposizione, regalando una fotografia istantanea di annata e villaggio.

Dalla tasting room la vista è incredibile.

La curiosità si fa sempre più grande, comincia ad imbrunire, ma la voglia di camminare in questi vigneti e toccarli con mano mi porta a prendere la macchina, attraversare il fiume e parcheggiare nuovamente.

Comincia una delle “passeggiate” più belle, mi ritrovo da solo a scalare vigneti mitici, immerso tra grey slate e viti ad alberello, il vento soffia, la vista man mano che salgo si fa sempre più irreale, quasi temo per la mia incolumità per quanto siano ripide queste pendenze.


“Mi fermo ad ammirare e contemplare, ascolto il silenzio e tutta la strada fatta per arrivare fino a qui, le persone incrociate durante il cammino e che hanno lasciato un segno.”

Giunge il momento di avviarsi in hotel, le camere hanno tutte il nome di un GG, la mia neanche a farlo apposta è Ürziger Würzgarten, ovvero il giardino delle spezie, colui che dona una delle espressioni più aromatiche di riesling e che ha un posto speciale nel mio cuore.

Si va a cena, la carta dello Zeltringer Hof fa impressione per ampiezza e profondità di annate che risalgono fino agli anni ’20, viene quasi il mal di testa a spulciarla tutta.

Visto che sono off, lascio decidere alla proprietaria, la vedo scomparire con le chiavi della cantina, torna e mi regala la gioia di un Maximim Grünhäuser 2007 in forma smagliante abbinato a del capriolo locale.

Necessaria una passeggiata notturna per smaltire l’abbondante cena, la notte scorre veloce.

La mattina dopo la colazione è abbondante, il sole splende alto, l’umore alle stelle.

Neanche il tempo di salire in macchina che è già l’ora di fermarsi, mi rendo conto di aver prenotato di fianco a Zeltinger Sonnenhur e Wehlener Sonnenuhr, nomi che fino ad ora esistevano nella mia mente solo tramite le etichette e che adesso prendevano forma, cambiando in poco tempo la percezione per sempre.

Si scende verso sud, direzione Piesport, la Mosella fa una curva ad U e lascia ad ovest le terrazze del vigneto Goldtröpfchen, scoperto una vita fa dai romani.

Notarono infatti che in inverno quando nevicava questo era il punto in cui la neve scioglieva prima, da li l’intuizione di un esposizione perfetta per far maturare nel giusto tempo le uve.

Da goduriosi e visionari quali erano (si narra di centinaia di fossili d’ostrica trovati nel sottosuolo che venivano direttamente dall’Olanda e dalla Francia per alimentare i banchetti) decisero che questo era il punto ideale per coltivare la vite, non possiamo che dargli piena ragione e ringraziare.

La campana rintocca nel silenzio di novembre, io decido che è l’ora di bersi un caffè al solicchio. 

La realtà mi smentisce subito, i bar del paese sono chiusi, e ho solo una certezza, la cantina di Haart dista soli 250 metri, come non provare a bussare alla sua porta. 

Dal vetro lo intravedo, è proprio lui, Johannes mi apre con un sorriso smagliante e m’invita ad entrare, mi ritrovo in un batter d’occhio una line up di tutti i sui cru, non posso che rimanere affascinato da tale ospitalità e gentilezza (virtù non molto di moda ultimamente).

Bene, è giunto il momento di andare al motivo per cui tutto questo è stato reso possibile,

Nik Weiss.

Questo vuol dire dirigersi verso Trittenheim fino a toccare subito dopo Leiwen, ma non prima di arrampicarsi nei vigneti per scorgere l’infinto e oltre. 

Il sole scalda la giornata, la pendenza fanno si che il sottoscritto rimanga con la maglia a maniche corte cosi per darvi un idea del clima odierno.

Ad accogliermi c’è Martin, ed anche qua regna sovrano lo stemma del V.D.P, VerbandDeutscherPrädikatsweingüter, un nome impronunciabile per noi italiani che però indica qualità a tutti i livelli.

M’invita a nozze chiedendomi di salire in macchina e fare un giro nei vigneti per capire meglio da vicino.

Mi racconta della rivalità che esiste tra Trittenheim e Leiwen, un pò come quella tra Pisa e Livorno, dove secondo un detto locale si dice che:


“Tritteheim è cosi brutta che anche il fiume Mosel l’ha scansata!”

Cambiano i fiumi ma tutto il mondo è paese.

A Piesport ci soffermiamo ad ammirare nuovamente il paessaggio e questa iconica collina.

Quando si pensa al perfezionismo dei tedeschi, sembra strano sentire aneddoti del genere:

“in tempi non sospetti i riesling di questi vigneti erano tra i più costosi al mondo, al pari dei più grandi Bordeaux e Borgogna, questo perché rispecchiava la qualità ottenuta solo da questa parcella.

Si penso bene di fare una cosa, estendere il nome del vigneto anche nella parte pianeggiante per far si che la produzione incrementasse e cosi anche i guadagni.

Errore madornale, in poco tempo i più affezionati conoscitori capirono subito che qualcosa era cambiato, la loro fede era tradita, un clamoroso autogol era imminente, le vendite crollarono.”

Fortunatamente la parcella di Goldtröpfchen posseduta da Nik Weiss è la più estrema e scoscesa, vigne che toccano i 100 anni, mai toccate o scalfite dalla mano dell’uomo.

Un tesoro di viti ad alberello piantate ad alta densità su grey slate e quarzo, meravigliose espressioni di Kabinett, Spätlese e Auslese.

Sulla via del ritorno mi fermo a Bernkastel-Kues per scorgere il gioiello incastonato nel paese, 3.21 ettari con una pendenza media del 70% ci proiettano nel vigneto di Bernkastel-doctor.

Per smaltire l’acidità abbino delle patatine fritte locali.

La sera finisco dall’idea di prendere un calice all’ennesima bottiglia (sapevo già che l’avrei pagata cara questa volta) è il turno di Timothy per scegliere la mia bottiglia. Chiedo qualcosa con qualche anno sulle spalle.

Giro in cantina, ritorna con un Zeltinger Sonnenhur 1998 Auslese e un rodatissimo Durand.

Pochi attimi, una spolverata alla capsula e nel calice si presenta un vino glorioso, degna conclusione di questa scorrazzata.


Sulla via del ritorno prende piede in testa un pensiero unico, solo dei pazzi e visionari possono raggiungere tali vette di bellezza.


“menti scoscese come le terrazze che rasentano il fiume, ostinate e preziose come le pietre che fanno da tappeto a radici che scavano in profondità”

Auf Wiedersehen!

Pubblicato da gioels

Gioele Di Gianni, annata 1989, toscano di radici irpine. Sangiovese che scorre nelle vene e una passione per il mondo del vino nata in cantina, tra assaggi e risate con vignaioli che col tempo son diventati famiglia. Dopo la laurea in Scienze del Turismo si lancia a capofitto nella gestione della struttura ricettiva con ristorante di famiglia. La svolta nel 2021 quando intraprende un nuovo percorso: prima come maître e sommelier nell’iconico Principe di Piemonte di Viareggio. Da qui l’approdo poi al Lefay Resort Dolomiti dove conosce il compagno di viaggio enoico Stefano. Ora è Senior Sommelier al Lefay Resort del Lago di Garda.

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